Gay libertini e deboli o forti?
Mettere il dito nella piaga, affrontare un radicato pregiudizio, è questo in parte l’obiettivo del libro “L’amore forte” di Fabio Regis. giovane scrittore credente di formazione, che abbiamo scelto come libro del nostro circolo di lettura per il mese di aprile.
La debolezza delle relazioni omosessuali denunciata lo scorso anno a Verona dallo stesso pontefice è l’oggetto centrale pure di molte lettere ed emails che ci giungono. Questo ci spinge ad approfondire l’argomento pur guardando con massimo rispetto tutte le realtà e scelte di vita. Pur tuttavia questo senso di smarrimento e di precarietà che molti gay vivono e percepiscono merita attenzione per provare a comprenderne i meccanismi e le dinamiche che lo innescano e lo caratterizzano.
La risposta che il libro tenta di proporre è quella di testimoniare le relazioni forti nei legami affettivi e di vita che molte coppie omosessuali vivono. Una testimonianza ben visibile anche qui nel vicentino viste le numerose coppie che quotidianamente danno prova della serenità della loro relazione malgrado non manchino le difficoltà e a volte le discriminazioni.
Proviamo ad approfondire assieme il tema, appuntamento al circolo di lettura ogni mercoledì.
Anticipiamo qui l’intervista all’autore del portale web Gionata:
Ciao Fabio, ‘L’Amore forte’ offre soprattutto una riflessione in favore del riconoscimento della coppia dello stesso sesso. Non credi che questo tema sia ancora tabù per molte chiese e per la chiesa cattolica in particolare?
Sì, è così. Purtroppo, il pregiudizio diffuso nelle chiese è che tutti i gay e tutte le lesbiche siano dediti a uno stile di vita libertino, fatto di trasgressioni e di spregio alle tradizioni. Al contrario, molti omosessuali, al pari di molti eterosessuali, sono alla ricerca dell’anima gemella e di una vita serena e regolare, in cui l’amore romantico sia vissuto nell’ambito di una relazione di coppia stabile e fedele. Il tabù pastorale e pedagogico riguarda in particolare i meccanismi di innamoramento che conducono al formarsi della coppia e le dinamiche dell’amore romantico all’interno della coppia stessa. Storicamente questo tabù riguardava le coppie eterosessuali, oggi riguarda le coppie omosessuali. Prova ne è che in nessun documento ufficiale della Chiesa cattolica si fa riferimento all’innamoramento e all’amore romantico fra persone dello stesso sesso.
Come è nata l’idea di affrontare questi temi secondo una prospettiva cristiana?
L’idea di interessarmi al tema è nata un paio di anni fa, durante il primo dibattito politico sulle unioni fra persone dello stesso sesso in Italia. I forum su internet dedicati all’argomento erano nati come funghi e spendevo un po’ di tempo libero a leggere gli interventi, a replicare, a esprimere opinioni. A certe condizioni sono favorevole al riconoscimento dei diritti delle coppie dello stesso sesso, ma al tempo stesso sono credente e sono convinto che i credenti possono portare un importante contributo alle modalità con le quali questo riconoscimento debba avvenire. Sono anche convinto che i credenti favorevoli al riconoscimento delle unioni fra persone dello stesso sesso hanno il diritto e il dovere di esprimere le loro rispettabili opinioni all’interno delle loro chiese, ma senza atteggiamenti necessariamente rivendicativi e recriminatori.
Nel testo sembra che l’omofobia verso le persone glbt e il rifiutare loro qualsiasi diritto e dignità d’amore siano le due facce di una stessa medaglia. E’ per questo che insisti molto nel cercare di mettere in guardia dall’omofobia della nostra società e delle nostre chiese?
L’omofobia è analoga al razzismo, all’antisemitismo e al sessismo. Forme di oppressione oggi ritenute intollerabili da tutti erano considerate normali in epoche del passato. Lo schiavismo, la segregazione razziale, l’imperialismo coloniale, il suffragio riservato ai maschi: tutte queste cose erano “normali” finchè gli uomini che costituiscono la società e la chiesa hanno capito dov’è il bene e dov’è il male. L’omofobia è portatrice di conseguenze disumanizzanti e disgreganti e solo con l’impegno e con la preghiera sarà possibile portare nella società e nelle chiese un soddisfacente livello di comprensione, rispetto e riconoscimento per l’amore romantico fra persone dello stesso sesso.
Molta importanza, come saggista cattolico, hai dato alle difficoltà che la chiesa ha nel rapportarsi con i cambiamenti e le sfide del mondo d’oggi, spesso bollate come risultati del “relativismo”. Ma perchè la chiesa cattolica ha tanta difficoltà a discutere e rielaborare la sua prassi consolidata?
Se per “chiesa cattolica” intendiamo il clero, così come emerge da certe semplificazioni giornalistiche, e, più precisamente, se intendiamo i vertici dell’autorità religiosa, la difficoltà ad entrare in sintonia coi segni dei tempi non è sicuramente una novità. Il Sillabo di Pio IX non è stato certamente affine alla modernità, ma il Concilio Vaticano II ha dato uno slancio che ha fatto uscire la Chiesa dalla premodernità. Alcuni documenti ufficiali degli ultimi decenni non sembrano affini alla postmodernità. Ma questo non significa che i cristiani debbano adattarsi alla postmodernità fino al punto da perdere se stessi e le loro radici. Se da una parte i cristiani devono stare in guardia dall’omofobia, al tempo stesso devono guardarsi anche dal relativismo nichilista. Questa è la vera sfida delle autorità religiose contemporanee e di tutti i credenti.
Nel testo troviamo anche numerose citazioni dei documenti della chiesa americana che, su questi temi caldi, sembra abbia affrontato con serenità e concretezza queste tematiche. E le chiesa italiana?
Qualcosa si muove anche da noi? Negli ultimi dieci anni, la conferenza dei vescovi cattolici americani ha prodotto due documenti sulla pastorale per i gay e le lesbiche. In Italia, non è stato prodotto nulla (ndr almeno a livello ufficiale). Anche al Convegno ecclesiale di Verona non se ne è parlato. Le iniziative sono lasciate alla libertà e al buon cuore dei singoli vescovi, ma solo una presa di posizione collegiale come quella americana può essere considerata davvero rilevante. Molto più promettente, in America come in Europa e in Italia, è il servizio dei gruppi e delle associazioni di gay credenti e dei loro amici. Questi gruppi laicali, conosciuti come “gruppi gay cristiani”, si inseriscono a pieno titolo nella vita delle chiese e sopperiscono a quella pastorale che il clero e i pastori talvolta non vogliono o non possono offrire.
Credi che sia ancora possibile un dialogo su questi temi controversi all’interno della chiesa italiana?
Il dialogo autentico, come ha detto Giovanni Paolo II, deve avvenire “con profondo rispetto per le coscienze e con pazienza a un passo graduale indispensabile per le condizioni moderne”. Credo che, sul riconoscimento della coppia dello stesso sesso, la volontà di dialogo ci sia in tanti cattolici, sia fra i laici, sia nel clero, sia fra laici e clero. Ma questa volontà di dialogo, per tradursi in pratica, avrà bisogno di tanto impegno e di tante preghiere da parte di tutti coloro che credono in Cristo.
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